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Corso Ipnosi Neo-Ericksoniana

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Corso di Ipnosi Neo-Ericksoniana

Milton Erickson

Erickson, all’età di 17 anni ebbe il primo attacco di poliomielite che lo rese completamente paralizzato costringendolo a letto. I medici diagnosticarono che sarebbe rimasto per sempre paralizzato.

Questa condizione, per cui non poteva far nulla per passare il tempo, lo portò ad osservare, con attenzione, tutte le persone che circolavano nella sua stanza. Ne osservava attentamente i movimenti, le espressioni facciali, il modo di interagire e muoversi tra loro.

Questo, successivamente, gli fu utile nel suo lavoro perché divenne esperto del linguaggio non verbale dei suoi pazienti.

Dopo diverso tempo di malattia, iniziò, intuitivamente, a cercare di ricordare e richiamare la sensazione di un suo dito quando si muoveva. Nel tempo riuscì a muovere il dito e questo gli diede fiducia per poter continuare questo tipo di “lavoro” su di sé.

Pian piano si riprese completamente e riuscì a ritornare alla sua normalità, riprese cioè a camminare e muoversi normalmente, gli rimase solo un difetto ad una gamba per cui doveva usare un bastone.

In un certo senso, iniziò, attraverso questa procedura, a mettere le prime basi dell’ipnosi e delle sue possibilità. All’età di circa 50 anni, cosa rara, ebbe di nuovo un attacco di poliomielite che questa volta lo costrinse su una sedia a rotelle.

Il suo pensiero influenzò molto la Programmazione Neuro Linguistica (PNL).

Richard Bandler e John Grinder (linguista), studiarono molto Milton Erickson, sia frequentando i suoi corsi ma anche attraverso interviste e filmati delle sue lezioni. Successivamente, studiarono con molta attenzione i filmati, soprattutto sotto l’aspetto linguistico.

L’esigenza di questo studio approfondito nacque dal fatto che si resero conto che, nonostante Erickson insegnava ad i suoi allievi tutto quello che sapeva, i suoi allievi, pur essendo degli ottimi allievi, non erano in grado di essere bravi come lui.

Da questo studio nacque il “Metamodello”, che serviva a porre delle domande mirate al paziente, ed il “Milton Model” che ricalcava il suo modo di parlare al paziente durante l’ipnosi, scoprendo che, durante l’ipnosi, il suo era un “linguaggio vago e indiretto”, a differenza dei modelli sino ad allora usati di ipnosi diretta, cioè un linguaggio usato in ipnosi dove l’ipnotista impartiva “ordini” ai pazienti.

Altra cosa fondamentale del suo pensiero fu la concezione dell’inconscio. Mentre Freud, che ebbe, ed ha ancora, una grossa influenza su molte scuole di terapia, considerava l’inconscio una sorta di spazzatura, qualcosa in cui erano racchiuse le nostre parti peggiori.

Per Freud l’inconscio era il luogo dove risiedevano, nascosti alla coscienza, i nostri conflitti ed i nostri complessi (ad es. il complesso di Edipo).

Per Erickson, invece, l’inconscio era il luogo dove erano nascoste le nostre risorse, le nostre capacità acquisite nel tempo, le nostre parti capaci di guarirci dai nostri disturbi, elementi a cui spesso i pazienti non erano in grado di arrivarci coscientemente, ma attraverso l’ipnosi riuscivano a ricordarsi e a farle emergere, altre volte invece erano capacità, talenti, che neanche il paziente sapeva di avere.

La decadenza, ancora tutt’oggi, in Italia ed in buona parte dell’Europa è dovuta al fatto che Freud, che agli inizi della sua carriera utilizzava l’ipnosi, ad un certo punto l’abbandonò dichiarando che non era utile nell’aiutare i pazienti.

In realtà il suo fallimento dell’ipnosi fu dovuto al fatto che utilizzava l’ipnosi solo per fare emergere i traumi, i ricordi dolorosi, e chiaramente, nel fare questo, il paziente riprovava il dolore legato a quei ricordi. Dopodichè, una volta svegliato il paziente, discuteva con lui di ciò che era emerso, rivolgendosi quindi solo alla sua parte razionale.

Nell’ipnosi il paziente, pur rimanendo cosciente, la sua parte razionale viene impiegata in un compito, permettendo all’ipnotista di dialogare indisturbato direttamente con il suo inconscio, aggirando le sue difese razionali.

Spesso nel suo lavoro metteva in contatto il paziente con le sue risorse facendo riferimento ad esperienze da tutti condivise, descrivendo nei minimi particolari come, grazie alle sue risorse, sia riuscito a superarle, risorse che sono ancora dentro di lui e che può utilizzare per superare il suo problema. Ad esempio, esperienze condivise da tutti sono:

  • Imparare a parlare
  • Imparare a camminare
  • Imparare a scrivere
  • Imparare a contare
  • Imparare a leggere

Permettendo quindi al paziente di accedere a quei processi di apprendimento e alle difficoltà che ogni persona ha dovuto attraversare e di come, grazie alle loro risorse siano riuscite a superare.

Tali processi di apprendimento, in età adulta, vengono dati per scontati, nessun adulto ricorda come sia stato difficile imparare quelle cose e di quali risorse ha dovuto utilizzare per superarle.

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